Durante la Seconda Guerra Mondiale, in Germania e nei territori occupati, la pena per chi si oppone al nazifascismo o appartiene a un gruppo etnico indesiderato, ebrei, rom-sinti, o è omosessuale o disabile, è la deportazione. Come prigionieri vengono trasferiti, con violenza e in condizioni disumane, in luoghi costruiti appositamente per la loro eliminazione: i campi di concentramento.
La pena solitamente è strettamente legata a un reato.
Ho sentito tante volte Liliana Segre, deportata ad Auschwitz all’età di 13 anni, ripetere la stessa frase, sono stata arrestata per la sola colpa di esser nata.
Gli ebrei italiani, in tanti ferventi sostenitori del fascismo, con la firma del Re al decreto delle leggi razziali del 1938, volute da Mussolini, vengono allontanati con disprezzo dalla vita pubblica, rinnegati da amici e conoscenti, e costretti a vivere rinchiusi nelle case. Dopo l’8 settembre 1943, con l’occupazione tedesca dell’Italia e l’alleanza con la Repubblica sociale di Salò di Benito Mussolini, per gli ebrei l’esistenza diviene ancora più dura e per tutti quelli catturati il destino era la deportazione. Solo chi ha possibilità economiche e intuisce il pericolo fugge dal paese per evitare le persecuzioni dei nazifascisti.
C’è un’altra parola di questo glossario macabro che non dobbiamo dimenticare ed è la parola rastrellamento. È un’operazione militare, solitamente gestita dalle SS con un nutrito numero di soldati, accompagnati da una spia italiana per facilitare la cattura dei ricercati: avviene all’alba con l’utilizzo di cani e di una dose di violenza inaudita. Sembravano come drogati, riporta un testimone.
È il 16 ottobre del 1943, il “sabato nero” del ghetto di Roma. Alle 5.15 del mattino le SS invadono le strade del Portico d’Ottavia e rastrellano 1024 persone, tra cui oltre 200 bambini. Due giorni dopo, alle 14.05 del 18 ottobre, diciotto vagoni piombati partiranno dalla stazione Tiburtina. Dopo sei giorni arriveranno al campo di concentramento di Auschwitz in territorio polacco. Solo quindici uomini e una donna (Settimia Spizzichino) ritorneranno a casa dalla Polonia. Nessuno dei duecento bambini è mai tornato… (www.16ottobre1943.it)
Intervista di Piero Bazzoli. Settimia Spizzichino. Core di Roma
Deportazione e Rastrellamento, due parole presenti anche nelle storie dei sopravvissuti ai campi che si sono opposti al regime, i triangoli rossi. Nei campi i prigionieri venivano suddivisi in raggruppamenti, un triangolo e la nazionalità accanto al numero di matricola, cucito sul petto, definisce la nuova identità nel lager. Non sei più persona, ma numero.
Per gli ebrei la Stella Gialla.
I dissidenti politici, i partigiani di tutta Europa che hanno combattuto contro la dittatura nazifascista, se non venivano giustiziati, fucilati, impiccati o decapitati dopo la cattura, vengono deportati nei campi. Il trattamento è uguale a quello riservato agli ebrei che sopravvivono alle selezioni immediate: duro lavoro, fame, violenza, umiliazioni.
I nazisti usano i treni per deportare i prigionieri, i vagoni merci ermeticamente chiusi dall’esterno. In questi lunghi viaggi, che a volte durano anche molti giorni, non vengono distribuiti né cibo né acqua, nemmeno quando i vagoni sono in sosta. Ammassati all’interno i prigionieri soffrono per la mancanza d’aria dovuta alla quantità di persone stipate all’interno, anche 80 per vagone, per il caldo torrido e il freddo gelido, secondo la stagione. Per i bisogni corporali c’è un secchio, a volte neanche quello, allora si usano una valigia, o si toglie una traversina del pavimento del vagone. Molti muoiono ancora prima di raggiungere la destinazione ignota. Spesso viene chiesto di portar via i morti, senza ricevere nessuna risposta, senza nessuna pietà. I trasporti vengono scortati da guardie armate che hanno l’ordine di sparare a vista. All’arrivo al lager molti, all’apertura del vagone, svengono. E quando riaprono gli occhi vengono buttati giù dal treno a calci e spintoni nel mondo infernale del lager.
E poi ci sono i campi di sterminio, progettati per attuare il genocidio di milioni di persone: Chelmo, Belzec, Sobibor, Treblinka, Auschwitz-Birkenau e Maidanek. Si stima che circa 3,5 milioni di Ebrei vennero uccisi in questi sei campi, nell’ambito della Soluzione Finale. Nei campi di concentramento e sterminio morirono circa 12 milioni di persone, 6 milioni di ebrei, un milione e mezzo erano bambini.
UNITED STATES HOLOCAUST MEMORIAL MUSEUM
La documentazione del numero delle vittime dell’olocausto e della persecuzione nazista:
https://encyclopedia.ushmm.org/content/it/article/documenting-numbers-of-victims-of-the-holocaust-and-nazi-persecution