MAPPA DEL CAMPO

FOTO DEL CAMPO

Costituzione: giugno 1940

Ubicazione: Cosenza

A seguito delle leggi razziali tedesche (1933), molti ebrei che risiedevano in Germania e nei paesi sotto il controllo nazista decisero di emigrare verso il Nord e Sud America e in altre nazioni europee ritenute più sicure. Gli ebrei che non avevano i mezzi economici per una emigrazione più lontana considerarono l’Italia come un “rifugio precario” verso cui dirigersi. Al momento della promulgazione delle leggi razziali italiane (1938) i circa 10 mila ebrei stranieri presenti nel nostro territorio nazionale ebbero l’ingiunzione di lasciare l’Italia. Gran parte di loro riuscì a lasciare il nostro Paese, ma poco più di 3000 ebrei stranieri si trovò in Italia quando nel maggio 1940 fu dato l’ordine di arresto. Molte di queste persone furono portate a Ferramonti. A loro si aggiunsero presto altri ebrei europei in fuga dal nazismo e arrivati nei territori sotto il controllo italiano (specie dalla Jugoslavia, Grecia, Albania e nord Africa). Accanto al predominante gruppo di ebrei stranieri, a Ferramonti arrivarono anche dei gruppi di persone di religione non ebraica, ma di nazionalità nemica all’Italia: greci, slavi (fra cui alcuni cattolici) e cinesi (un gruppo di settanta uomini, commercianti ambulanti nelle città del Nord o marinai su navi italiane e allestirono all’interno del campo una lavanderia). Nacquero così i campi di Pisticci (MT), riservato sopratutto a oppositori politici italiani, e il campo di Ferramonti di Tarsia (CS), destinato a ebrei e cittadini stranieri nemici. Il Campo di Ferramonti di Tarsia fu l’unico esempio di un vero campo di concentramento costruito dal governo fascista a seguito delle leggi razziali e rappresenta storicamente il più grande campo di internamento italiano. A partire dal giugno 1940 vi transitarono circa 3.000 internati. Il Campo si estendeva su un’area di 16 ettari ed era composto da 92 baracche di varia dimensione, molte delle quali con la classica forma a “U” e forniti di cucina, latrine e lavabi comuni. Dal 20 giugno 1940 il campo entrò in funzione con l’arrivo dei primi due gruppi di ebrei stranieri: circa 460 uomini arrestati in varie città dell’Italia centro- settentrionale e costretti ai lavori forzati per costruire il resto del campo. Nel settembre del 1940 arrivò a Ferramonti un gruppo di ebrei profughi da vari paesi europei che si ritrovò bloccato a Bengasi (Libia), diventata territorio italiano, in attesa di un trasporto verso la Palestina. Si trattava di un gruppo eterogeneo di circa 300 ebrei, fra cui anche diverse donne e bambini. La loro presenza provocò il primo cambiamento sociale

nel Campo con la presenza di intere famiglie.

Nel luglio del 1941 arrivò nel campo un gruppo di 106 ebrei jugoslavi
e di altre nazioni che si erano rifugiati a Lubiana (Slovenia), caduta sotto il controllo italiano, per sfuggire ai filonazisti ustascia che operavano in Croazia. Nell’ottobre del 1941, arrivò a Ferramonti un gruppo di circa 188 ebrei, per lo più jugoslavi, fermati in Montenegro e rinchiusi in un primo tempo nel campo italiano di Kavaje (Albania).
Nel febbraio e nel marzo del 1942, dall’isola di Rodi giunse a Ferramonti
il gruppo più numeroso di internati: i profughi del battello “Pentcho”.
Il Pentcho, che era un battello esclusivamente fluviale, naufragò nel mare Egeo e i profughi vennero salvati dalla motonave militare italiana “Camogli”,
portati a Rodi, dove rimangono per un anno in condizioni disastrose,
e da lì trasferiti a Ferramonti grazie all’intervento di Pio XII.
Si trattava di 495 ebrei dell’Europa centro-orientale, per lo più cecoslovacchi che due anni prima avevano cercato di raggiungere la Palestina attraverso un complesso itinerario che prevedeva la partenza da Bratislava, la discesa lungo il Danubio fino al Mar Nero e quindi, attraverso il Bosforo e lo Stretto dei Dardanelli, di giungere nel Mediterraneo per dirigersi infine in Palestina.

Con l’aumentare del numero degli internati e la presenza di gruppi molto eterogenei per lingua e orientamento religioso (c’erano ebrei ortodossi e riformati) la comunità ebraica del Campo iniziò ad organizzarsi formando un parlamento interno a rappresentanza dei componenti delle varie baracche. La direzione del Campo sostanzialmente supportò la loro organizzazione interna. Nel Campo vi fu una rilevante attività culturale e sportiva che aiutò a mitigare le estreme difficoltà di vita dovute alla presenza della malaria e alla scarsità di cibo. Il 1943 fu l’anno più difficile per Ferramonti, ma anche quello che vide la sua liberazione. Tra il settembre e l’ottobre del 1943 passò a pochi metri dal campo l’intera armata tedesca Hermann Göring in ritirata dal Sud. Per evitare pericoli, la direzione dispose l’evacuazione del Campo e tutti gli ebrei che potevano furono fatti scappare nelle campagne circostanti dove vennero ospitati dai contadini del territorio di Tarsia. Per evitare una intrusione nazista e a protezione degli ebrei rimasti nel campo perché troppo anziani o malati, venne issata una bandiera gialla all’ingresso del Campo con la presenza del cappuccino Lopinot per spiegare ai tedeschi la presenza di una epidemia di tifo all’interno. Grazie a questi stratagemmi, Ferramonti rimase indenne da ogni azione da parte delle truppe tedesche. Le uniche morti violente avvenute nel campo derivarono da un mitragliamento da parte di un aereo alleato impegnato in un duello aereo sopra il cielo del Campo alla fine dell’agosto 1943. Dopo l’armistizio dell’8 settembre l’autorità italiana abbandonò il Campo e la mattina del 14 settembre 1943 entrarono nel Campo i primi camion inglesi. Da quel momento il campo di Ferramonti di Tarsia rimase attivo sotto la conduzione dei prigionieri. Il Campo fu ufficialmente chiuso l’11 dicembre 1945.

Fonte bibliografica: www.campodiferramonti.it

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