Non ricordo l’indirizzo della casa di Marta Ascoli, non ricordo il quartiere di Trieste dove ci recammo per l’intervista. Nel tragitto che dall’albergo facevo per arrivare alle case, gli uffici, le sedi delle associazioni dove i testimoni ci aspettavano, ero come bendata, sempre molto tesa, concentrata, silenziosa.
Marta Ascoli ci aspettava sull’uscio dell’appartamento di fronte al vecchio ascensore in ferro che ci aveva portato al piano.
La sua ritrosia nei miei confronti era molto forte, l’avevo sentita nelle tante domande sull’utilizzo della sua immagine, sui destinatari, sulla produzione del film che solo il pensiero di incontrarla mi aveva messo una certa inquietudine. Ricordo discutemmo dell’inquadratura, perché poco tempo prima Steven Spielberg aveva registrato la sua testimonianza per Survivors of the Shoah Visual History Foundation, un archivio di decine di migliaia di interviste in più di trenta lingue, a disposizione di musei, scuole e università.
Spielberg aveva iniziato nel 1997 perché, diceva, “la tragedia c’è stata «appena» cinquant’anni fa eppure già si rischia che sparisca dalla memoria, che frettolose revisioni storiche di tutto il Nazismo riducano il massacro, scientifico, di sei milioni di ebrei alla scomparsa di «poche migliaia», morti nei lager per epidemie o denutrizione.
Ma bisogna fare in fretta: i sopravvissuti, gli unici davvero in grado di ricostruire quello che è successo, sono pochi e stanno scomparendo”.
Dagli Stati Uniti dov’è stata creata, la fondazione ha sguinzagliato i suoi volontari in giro per il mondo a caccia delle testimonianze. Una troupe era stata poco tempo prima in quel salotto bianco dove ero seduta.
Ora, nella casa di Marta Ascoli, mi stavo confrontando con il mostro sacro del cinema, dovevo essere all’altezza, non potevo fallire. La mia troupe era più ridotta, regista, ope- ratore e fonico, l’essenziale.
Usavamo per le interviste sempre la stessa sedia. Lei preferì stare seduta dietro un tavolo. Non insistetti. Non forzo mai le persone: cerco sempre di farle sentire a loro agio. Mi sentivo già molto “privilegiata” a essere lì di fronte a loro. Lasciai decidere a lei il taglio dell’inquadratura. Le feci vedere il monitor, non un taglio stretto in primo piano ma una mezza figura, e dopo una mezz’ora di indecisione accettò di iniziare.
SCHEDA DEPORTAZIONE
TESTIMONIANZA
Intervista realizzata a Trieste il 12/12/2000.
FOTO DI FAMIGLIA
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Voglio ringraziare Davide, il figlio di Marta Ascoli, per aver voluto condividere le foto di sua madre.

SCHEDE CAMPI
LIBRI
- Marta Ascoli, Auschwitz è di tutti, Rizzoli, 2011