Mi siedo per la prima volta davanti a lei, sento la sua paura. Non le ho mai parlato, non conosco la sua storia. Il suo imbarazzo è quello delle persone semplici, dei bambini che hanno paura di sbagliare le parole, dire qualcosa di troppo o troppo poco. Le dico di non aver timore, che possiamo ricominciare se pensa di aver detto qualcosa di sbagliato. Così iniziammo, mentre Nerina ascoltava, seduta dietro al tavolo, alle sue spalle. Nerina De Walderstein era sopravvissuta ad Auschwitz I, Birkenau, Flossenbürg.
 Quel giorno ci aveva invitato a casa sua per un’intervista poi, una forte laringite, l’aveva resa impossibile e al suo posto aveva invitato un’amica, deportata anche lei ad Auschwitz, Maria Rudolf.

Maria ci tiene a dirmi alcune cose, vuole puntualizzare alcuni aspetti.

Io non ho mai raccontato a nessuno tutto questo, perché speravo che sarebbe stata una tale lezione per l’umanità che non sarebbe mai più successo, ma bisogna parlare, far sapere perché le cose succedono. Ha visto? Si parla delle foibe, ma lei non sa cosa è successo prima! Non tutte le persone son capaci di non vendicarsi, io per esempio non avrei fatto mai male a nessuno. Quando era finita la guerra, io ero felicissima e non mi sarei mai vendicata di nessuno, ma non sono tutti così. Nelle foibe ci sono degli assassini, dei torturatori, non è vero che ci sono tutte persone innocenti, forse, anzi è probabile che ci sia finita anche qualche persona innocente.

Bisogna sempre contestualizzare gli episodi, è quello che penso sempre anche io, è una delle leggi della dinamica: il principio di azione e reazione stabilisce che a ogni azione corrisponde una reazione uguale e contraria. È tutto quello che ricordo dei miei studi scientifici liceali, anche perché quello che abbiamo imparato è l’applicazione della fisica alla vita quotidiana. Come Marta Ascoli, Diamantina Salonicchio e Ada Jerman, Maria cresce in quello che è stato chiamato, riportando un lavoro dell’Istituto Storico di Trieste, il confine “mobile”. Sono gli anni del cosiddetto “fascismo di confine”, della prima ora, puro e duro. In una zona abitata da diverse etnie, con problemi di nazionalità e di nazionalismi fin dall’800, “tenuti insieme”, diciamo così, sotto l’Impero austro-ungarico. Iniziamo l’intervista, è già pomeriggio inoltrato.

SCHEDA DEPORTAZIONE

TESTIMONIANZA

Intervista realizzata a Trieste il 12/12/2000.

Questo incontro registrato il 05/05/2005, non era stato programmato, era appunto solo un incontro durante alcuni sopralluoghi a Opicina dove Maria Rudolf abitava in via dei Fiordalisi. Nella cucina della sua casa, Maria ci ha accolto con il racconto di tante altre storie.

Le riprese qui sono meno importanti delle parole.

DOCUMENTI ORIGINALI

SCHEDA CAMPO

FILM

FIRENZE-AUSCHWITZ-FIRENZE
Un documentario di Francesco Andreotti

Maria Rudolf e Nerina De Walderstein ripercorrono nel 2003 il viaggio verso Auschwitz accompagnando 400 studenti toscani in una speciale Giornata della Memoria, tra i quali Chiara, nipote di Maria.

LIBRI

  • Gabriella Nocentini, Tutto questo va detto. La deportazione di Maria Rudolf, Nuova Dimensione, Collana Memoria, 2008

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